Dimissioni di Renzi: un’analisi del suo Linguaggio del Corpo

 

Nei giorni scorsi il nostro paese ha vissuto il referendum sulla riforma costituzionale che ha visto numeri record per quanto riguarda l’affluenza alle urne (circa il 70%) e che è stato caratterizzato da una comunicazione veemente (per non dire violenta) delle parti politiche e civili contrapposte sul fronte del “sì” e del “no”.

Alla fine ha prevalso il no con circa il 60% delle preferenze nei voti, questo ha spinto il premier Matteo Renzi ad annunciare le proprie dimissioni a seguito del fallimento di questa riforma fortemente sponsorizzata dal PD (di cui Renzi è anche il segretario di partito).

L’annuncio delle sue dimissioni è stato visto da milioni di italiani all’indomani del voto e anche su internet il video continua ad accumulare moltissime visualizzazioni. Molti di questi italiani si saranno chiesti quale siano state le emozioni e lo stato d’animo del premier durante l’annuncio delle sue dimissioni. “Cosa gli passava davvero nella testa?”, “Quali sentimenti animavano il suo discorso?”, “Ha nascosto la sua delusione o qualcosa è trapelato dallo schermo?”.

Per sciogliere questi dubbi è utile fare una veloce analisi del Linguaggio del Corpo di Matteo Renzi durante l’annuncio delle sue dimissioni, unita a una rapida analisi del contenuto del suo discorso.

Entra nella sala con un sorriso teso e spento, leggermente ironico, sicuramente poco sincero, nei primi due minuti la sua voce è lenta e cadenzata, segnale di tristezza e di una certa stanchezza fisica e mentale dopo la tensione della notte del referendum. Questo mix di tristezza e spossatezza è visibile anche nella espressività facciale limitata (di solito risulta più espressivo) e nella zona degli occhi, che appaiono poco aperti, con le sopracciglia abbassate e gli angoli delle stesse che scendono in basso.
Nonostante questi segnali dobbiamo dire che l’ex-premier mantiene un buon controllo del corpo nei primi 2 minuti del discorso, controllo che viene meno solo in alcuni momenti particolari, ecco quali:

– (1:13) “Viva l’Italia che non sta alla finestra ma che SCEGLIE” (stringe le labbra, segnale di tristezza e disappunto)
– (1:14-1:19) “Viva l’Italia che partecipa, che decide, viva l’Italia che crede nella politica” (sorriso amaro, asimmetrico, poco sincero poichè non coinvolge la parte alta del viso con gli occhi e gli zigomi)
– (1:21) “Il no ha vinto” (sbuffa profondamente col fiato, segnale che per lui è stata una vera delusione)
– (1:57) “Agli amici del sì…” (sorride laconicamente, cambia atteggiamento. Fino ad ora era serio e compassato)

Dopo i primi 2 minuti inizia a parlare delle ragioni del sì e degli “amici del sì” riprendendo energia e vitalità, da qui fino alla fine appare abbastanza sereno, quasi come se questo discorso fosse una “liberazione” da qualcos’altro (lo stress del referendum? La stanchezza dell’esperienza di governo? Dovremmo chiederlo direttamente a lui). Appena concluso se ne va in fretta e furia, quasi a voler evitare qualsiasi forma di confronto ed eventuali domande.

Dal punto di vista dell’analisi verbale del suo discorso, invece, appare leggermente arrogante ed eccessivamente sicuro di sé (vista la recente sconfitta), infatti continua a lodare e incensare le intenzioni del sì e “gli amici del sì” con toni melensi ed eccessivi, anche durante il suo dircorso di dimissioni non riesce a frenare la sua voglia di fare propaganda.

Continua ad affermare che il cambiamento da lui proposto era l’unico possibile, è come se non si capacitasse che gli italiani non abbiano voluto il cambiamento tanto agognato. A parole dichiara la sua sconfitta ma è come se dicesse “Io comunque avevo ragione. Ci avete perso voi!” E’ significativo che parli delle ragioni del sì come della “buona battaglia”, sfiorando toni apocalittici.

Nella parte finale del suo discorso non manca di elencare i risultati e le vittorie del suo governo, fino ad arrivare all’evidente iperbole di essersi interessato di “Leggi con l’anima” (8:41).

Insomma, tirando le somme abbiamo visto un politco che ha fatto fatica a digerire la sconfitta e, nonostante un discreto controllo sulla sua Comunicazione Non Verbale, ha dimostrato visivamente la sua genuina tristezza e il suo disappunto. Forse anche per questo gran parte del discorso è stata impostata come auto-celebrazione e come forma di propaganda che va, probabilmente, a compensare l’immagine di quella che è stata una chiara e netta sconfitta politica e personale.

 

Francesco Di Fant

 

 

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