A chiunque segua il calcio o abbia visto anche distrattamente qualche partita non sarà sfuggito che i calciatori che vanno a formare la barriera, davanti a un avversario che deve calciare il pallone, mettono le mani davanti ai genitali; in questo caso è chiara la funzione di protezione fisica, atta a fare da scudo per la parte delicata, ma quali altri significati, a livello simbolico e psicologico, può portare con sé tale gesto?
Perché tale zona è considerata tanto sacra? Sicuramente per il fatto che è la parte dove risiede il nostro sesso e la nostra fertilità.
Tra le diverse pulsioni dell’uomo, l’istinto sessuale è uno dei più forti; insieme al resto dei comportamenti inconsci fa parte di un codice che abbiamo scritto nel nostro organismo fin dalle origini. Cogliamo l’occasione per chiarire un aspetto su cui spesso si fa confusione; si crede che l’istinto sessuale sia solamente funzionale alla riproduzione, in realtà essi sono due aspetti che viaggiano su due binari paralleli, ma diversi. Infatti la voglia di accoppiarsi serve piuttosto, da un punto di vista evolutivo, a creare un forte legame nella coppia, che in questo modo può durare a lungo e di conseguenza assicurare ai vulnerabili cuccioli della specie la sopravvivenza, considerando che lo svezzamento dell’animale uomo è particolarmente lungo rispetto alla maggior parte delle specie animali. Altre letture che pongono l’istinto sessuale come subordinato all’atto della riproduzione sono, in genere, il risultato di aspetti culturali o religiosi.
Detto questo, vediamo come il gesto di portare le mani a difesa della zona che rappresenta a livello simbolico la parte istintiva dell’uomo, abbia assunto diversi significati comunicativi nel corso dell’evoluzione della comunicazione umana.
Questo segnale è chiamato di barriera, in quanto va a formare una protezione per il proprio corpo e, oltre al piano fisico, assume anche valenze psicologiche; chi si copre i genitali dimostra, il più delle volte, di provare imbarazzo in un dato contesto o vergogna; questo può essere spesso legato al comune senso del pudore che vige in una data società o alla paura di non sentirsi all’altezza di un compito o di una situazione.
Oltre che coprire tale zona a una certa distanza, il gesto può anche essere effettuato con il contatto delle mani con gli organi stessi; toccarsi i genitali è infatti un gesto naturale che nei bambini fa parte di un processo evolutivo che si accompagna alla progressiva scoperta del proprio corpo e del mondo. Se questo gesto è effettuato da un adulto può indicare un tentativo di sopire i bollenti spiriti, oltre che desiderio sessuale (come accennato in precedenza) che viene a galla in questo modo risvegliando fisicamente la parte in causa.
Ma tale gesto può anche indicare dominanza nei confronti altrui o voglia di dominare in una specifica situazione; in questo senso può allora anche essere visto come una reazione a un senso di inferiorità che viene vissuto con disagio; perlopiù questa condizione avviene tra uomini in nome di un antico senso di dominanza fisica e sociale. L’atto serve, in questo caso, a ribadire di essere un maschio e questo avviene, in particolare, in presenza di un concorrente.
Concludiamo anche sulla valenza scaramantica che tale gesto assume al giorno d’oggi; sembra che tale pratica fosse già in uso nell’era Romana (pre-Cristiana) e che sia collegata con una credenza popolare detta l’occhio del male; infatti, la tradizione recita che se una persona avara si metteva a fissare un individuo o i suoi beni, poteva arrecare danno a questi. Il fatto che i genitali siano la sede della fertilità spiega perché questo gesto servisse a scacciare gli influssi malefici; toccandoseli si proteggeva la futura discendenza del proprio sangue e va ricordato che a quei tempi la prole era davvero considerata un grandissimo valore. Col tempo le cose sono cambiate e tale gesto ha assunto un valore catartico al di là della singola credenza da cui ha, probabilmente, preso piede. Oggi lo si può osservare in diverse situazioni che vengono genericamente considerate come portatrici di sfortuna; l’uso, invero, si è esteso addirittura anche a situazioni dove si cerca di attrarre la fortuna, come ad esempio nel gioco.
Tratto dal libro: “101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo” di Francesco Di Fant, Newton Compton editori, Roma 2012.