Ecco pubblicato su PANORAMA del 5 aprile 2012 uno stralcio della mia intervista (come esperto di Linguaggio del Corpo) sul delicato argomento delle protesi al seno 🙂
Chirurgia estetica. Le protesi per il seno, 50 anni e non li dimostrano
Le prime protesi per il seno furono impiantate nel 1962. Adesso la mastoplastica non è più un tabù, ma una moda che attraversa le classi sociali. E tutto è cominciato con una signora oggi ottantenne…
di Redazione
La disinvoltura con cui se ne parla di questi tempi, tuttavia, è dovuta a un lungo percorso attraverso il quale il seno, organo di attrazione sessuale per eccellenza, è diventato oggetto di consumo. Desiderarne uno nuovo è stato prima un tabù, poi uno dei segreti meglio conservati dallo star system, poi uno status symbol. Oggi è un prodotto di lusso come un altro, fra i più richiesti dalle adolescenti come regalo di compleanno (il bodyshopping delle teenager è stato raccontato da Cristina Tagliabue in Appena ho 18 anni mi rifaccio, Bompiani). Tanto che due anni fa l’Italia ha vietato ai minorenni la chirurgia estetica. Ma è un ritocco ambito anche dalle operaie, come ha dimostrato lo scorso dicembre la manifestazione a Parigi della folla inferocita di donne danneggiate dalle protesi mammarie difettose prodotte dalla Pip.
«Un intero modello culturale si è spostato di centro» sostiene Francesco Di Fant, esperto di comunicazione non verbale, che ha appena pubblicato 101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo (Newton Compton). «Cinquant’anni fa l’immagine della donna era più casta e legata a valori tradizionali. Oggi le adolescenti vogliono una o due taglie di seno in più per cambiare look, come farebbero con un taglio di capelli o un vestito nuovo, mentre le adulte provano ad aderire a un modello di seduzione, bellezza, successo. Il linguaggio del corpo sarà meno spontaneo, dopo, perché chi è rifatto sa di esserlo. Ma per effetto placebo anche più sciolto sessualmente».
Non è detto però che il maschio gradisca. «Cento volte meglio un seno sfatto che rifatto» afferma lo scrittore e manager Massimo Lolli, che arriva in libreria il 10 aprile con Le cinque regole del corteggiamento(Mondadori). «Come approccio superficiale serve, ma poi ti ritrovi con uno pneumatico in bocca, è devastante. Ammetto però di avere un pregiudizio: non ho mai toccato un seno artificiale».
Sono lontani i tempi in cui, quando giravano voci discordanti sul suo décolleté, Marilyn Monroe se ne ritrasse scandalizzata. Bisognerà aspettare gli anni Settanta perché, negli Stati Uniti, una star infranga il tabù: l’attrice comica Phyllis Diller divulga per la prima volta i dettagli dei suoi interventi, che comprendevano molto più del seno («Le uniche parti originali del mio corpo sono i gomiti» dichiarò). Erano anni difficili per una confessione pop come questa (le femministe i seni se li volevano tagliare), ma poi toccò a Cher, stigmatizzata dalla collegaJane Fonda, vera icona della controcultura, che derise pubblicamente «quei gonfi seni di plastica». Senza immaginare che una decina di anni dopo, quando nel 1988 il marito la lasciò, sarebbe toccato proprio a Barbarella aumentarsi il seno.
«Difficile che un’attrice che lascia un’impronta cambi in maniera vistosa nel corso della sua carriera una parte del corpo importante come il seno» commenta il regista Enrico Vanzina. «Il pubblico la sceglie per come la vede all’inizio. È solo chi parte male che si modifica, a volte con risultati pietosi. Non esiste più un’attrice che riesca a calamitare solo per la sua avvenenza. Gli ultimi esempi sono stati Sharon Stone o Kim Basinger».
Oggi il matrimonio di Hollywood con il seno bionico ha alti (è del 2011 Bad Teacher, in cui Cameron Diaz, nella vita orgogliosamente rifatta, è un’insegnante che lavora solo per pagarsi una protesi al seno) e bassi, come quando, due anni fa, la Disney ha imposto un veto al silicone e per Pirati dei Caraibi 4 ha aperto icasting solo ad attrici con seno al naturale. D’altra parte fu solo alla fine degli anni Ottanta che le supertette sullo schermo divennero rivoluzione estetica, kitsch di culto: Pamela Anderson, star di Baywatch, fu tra le prime a sfoggiare un top impossibile senza ingredienti artificiali. Di più, ne fece uno strumento di comunicazione, annunciando alla stampa ogni suo intervento. E nel 1996 una star del porno come Lolo Ferrari arrivò al Festival di Cannes con l’indimenticabile film Camping Cosmos, in cui esibì il seno più grande di tutti i tempi: 180 cm.
Intanto in quegli anni, in Italia, è Alba Parietti la pioniera della liberazione della tetta, spinta, racconta, dall’allora compagno Stefano Bonaga e oggi pentita. La sovraesposizione mediatica di una Parietti modificata ha permesso però gli «outing mastoplastici» di molti volti televisivi, da Nina Moric a Melissa Satta e poiValeria Marini, Simona Ventura, Elisabetta Gregoraci, per citarne alcune, fino alla riduzione di Paola Perego. Finché anche da noi ha preso piede la taglia xxl, con gli epifenomeni Cristina Del Basso e le sue docce hot al Grande fratello o Francesca Cipriani, che ha fatto delle tette rifatte un logo esistenziale, fino all’esplosione di un seno in video a La pupa e il secchione.
«Quando le cose diventano pubbliche, il tabù scompare e si fa moda» ricorda Elena Santarelli, già conduttrice del programma tv Plastik, in cui la chirurgia estetica era protagonista. «Se lo ha fatto lei, dicono le donne, posso farlo anch’io. Io ho confessato di essermi rifatta il seno, per me troppo piccolo, a 24 anni, non per esibizionismo ma perché non mi piace mentire sulla bellezza. E poi bastava guardare le foto. È impossibile nascondere un intervento al seno, a meno che non ti nascondi in casa per settimane: appena ti operi è enorme. Però un aumento eccessivo lo sconsiglio a
tutte: ci vuole proporzione».
E Jill Cooper, sacerdotessa del culto del corpo naturale, in libreria da poco con Anti-anta (Fivestore), aggiunge: «Oggi, nelle palestre, puntualmente le donne con il seno rifatto mi dicono orgogliose: “Vuoi toccare?”. Becco le tette artificiali a 50 metri di distanza, anche quando le vip che alleno negano: in palestra ci sono movimenti che non puoi fare se hai una protesi. C’è stato un salto generazionale, però: le signore negano ancora l’evidenza, mentre le ventenni lo vivono come una borsa di Vuitton. Io? Ho una quarta naturale da quando avevo 16 anni».
http://societa.panorama.it/Chirurgia-estetica-Le-protesi-per-il-seno-50-anni-e-non-li-dimostrano
http://www.newtoncompton.com/upload/fileslibri/Panorama_978-88-541-3580-2_201245.pdf