Se è vero che diamo più credito al corpo che alle parole, allo stesso modo possiamo tranquillamente affermare che si crede maggiormente all’intonazione del parlato che al contenuto verbale delle parole stesse; volete un esempio? Provate a salutare qualcuno, meglio se leggermente distratto, con tono allegro e gioviale ma dicendo: «Ciao! Che dispiacere vederti!», molto probabilmente non farà caso alla parola dispiacere ma vi risponderà con gioia avendo prestato attenzione principalmente al tono con cui l’avete pronunciato. Questo aspetto affonda le radici nel nostro passato ed è un elemento fondamentale nel mondo animale dove la parola non è presente, ma suoni e rumori la fanno da padroni; si è scoperto, ad esempio, che gli elefanti tendono a imitare i suoni che sentono più spesso e questo potrebbe servire a produrre versi che identifichino l’appartenenza a un gruppo specifico.
Gli elementi che compongono la comunicazione paraverbale, ovvero la modalità con cui usiamo la voce, sono diversi: il ritmo, la melodia, la velocità, le pause e i silenzi, il volume e la chiarezza delle parole. Questi diventano molto importanti, ad esempio, in una conversazione telefonica, poiché l’aspetto visivo non è presente; cerchiamo dunque di distinguere i singoli aspetti e di definirne l’importanza nelle prossime righe.
Il ritmo è per noi più importante della melodia, dal ritmo si riconosce facilmente una canzone, la voce di una persona e anche se una persona è straniera o no, anche se domina bene la nostra lingua; la melodia, definisce la maniera in cui si alza e si abbassa la voce in un discorso. Con la melodia spesso si possono anche sottolineare parole o parti di esse per incrementarne il valore comunicativo che viene facilmente compreso da chi ci ascolta; la frase «alle otto devi essere a casa» se pronunciata con un’accentuazione della parola otto indicherà che il tempo della frase è la parte a cui prestare più attenzione, se invece venisse accentuata la parola casa, il peso della frase si sposterebbe sul luogo; non più sul tempo.
La velocità con cui si parla può variare da lingua a lingua; ad esempio italiani e francesi parlano più veloci dei tedeschi; al di là delle differenze linguistiche, però, è interessante notare che di solito si rallenta la velocità di parola quando dobbiamo esporre concetti che riteniamo poco conosciuti ai nostri ascoltatori, mentre si accelera il discorso quando utilizziamo termini che usiamo spesso e con cui abbiamo dimestichezza; ad esempio, spesso i numeri di telefono delle radio sono pronunciati molto velocemente dagli speaker, proprio a causa dell’alta frequenza con cui vengono ripetuti; spesso chi parla troppo veloce ci può trasmettere ansia, mentre chi lo fa troppo lentamente corre il rischio di annoiarci; questo ovviamente va analizzato a seconda della propria velocità di parola.
Le pause e i silenzi in un discorso sono degli elementi che vengono usati strategicamente per imprimere maggiore forza al discorso o come momenti di riflessione e servono anche a lasciare il turno di parola all’altro. A volte si fa una pausa quando si è distratti da qualcosa o quando si prova imbarazzo e non si sa cosa dire.
Il volume della voce di solito viene regolato a seconda della situazione, del luogo o della distanza dall’interlocutore; si può alzare il volume della voce in presenza di rabbia, mentre si tende ad abbassarla quando ci si sente in colpa o in imbarazzo.
La chiarezza del proprio modo di parlare può essere un indizio per capire anche la personalità; persone che parlano in modo chiaro, distinguendo bene le singole parole, comunicano decisione e sicurezza; al contrario, chi si mangia pezzi di parole o è abituato a bofonchiare sillabe ci dà l’idea di qualcuno insicuro o che stia provando un sentimento negativo.
Una curiosità sul tono della voce è quella che toni più alti, legati alla sessualità, sono graditi alle orecchie maschili, mentre un tono di voce più basso, che comunica dominanza, risulta particolarmente apprezzato da un pubblico femminile.
Tratto dal libro: “101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo” di Francesco Di Fant, Newton Compton editori, Roma 2012.