Sorrisi sinceri

 

Tante volte si sorride per cortesia o per circostanza, a volte si ride di gusto, altre ancora un sorriso può apparire sul nostro volto in maniera più sottile, tutti questi tipi di sorriso hanno in comune una cosa: potrebbero essere falsi. La differenza tra un sorriso falso, sociale e uno vero è poca, ma è comunque possibile distinguerlo.

Ci sono persone che riescono con maggiore naturalezza a contraffare un sorriso, rispetto ad altri segnali emozionali, poiché è un tipo di interazione con l’altro che si ripete molto spesso e ripetutamente; anche l’abilità di falsificare un sorriso è diventata più sottile man mano che la civilizzazione ha preso piede nella razza umana.

Il sorriso, che nell’uomo si manifesta già dopo cinque settimane di vita, insieme al pianto è uno dei primi segnali che il bambino impara per comunicare con il mondo esterno: il pianto attira l’attenzione, il sorriso seduce. In realtà, andando a scavare fino agli albori della nostra razza questo gesto tanto gentile e premuroso era usato come segno di sottomissione per evitare lo scontro con altri esemplari più dotati fisicamente. Per questo molti personaggi di potere dosano i sorrisi proprio per non sembrare sottomessi.

Negli scimpanzé infatti esistono due tipi differenti di sorriso: il sorriso di sottomissione e il sorriso di gioco. Il sorriso di sottomissione, o pacificatorio, è un’espressione di paura, mette in mostra i denti e assume una specie di sorriso ritraendo e abbassando gli angoli della bocca, creando così l’impressione di un uomo sorridente; il sorriso di gioco, invece, mostra gli angoli della bocca e degli occhi piegati verso l’alto e i denti non rimangono stretti ma spesso si aprono mostrando l’interno della bocca, come quando una persona sta ridendo di gusto. Riconoscere un sorriso per le nostre scimmiette antenate era necessario per distinguere gli individui amichevoli da quelli ostili, poiché spesso la posta in gioco era la sopravvivenza stessa.

Uno dei primi a effettuare delle ricerche vere e proprie sul sorriso fu il neurologo francese Guillaume Duchenne de Boulogne, il quale affermò (a ragione) sin dal 1800 che sono principalmente due gli elementi di un sorriso autentico più difficili da contraffare in un sorriso forzato o comunque non spontaneo: la palpebra inferiore presenta rughe sottostanti, ma soprattutto negli angoli esterni degli occhi compaiono le cosiddette zampe di gallina, ovvero il corrugamento della zona laterale dei muscoli degli occhi (muscolo orbicolare dell’occhio Orbicularis oculi).
È importante anche porre attenzione alle cosiddette rughe d’espressione, ovvero la conformazione delle rughe sul viso formatasi nel corso degli anni a forza di muovere i muscoli facciali; alcune persone riflettono, con le proprie rughe, le emozioni che hanno vissuto per lungo tempo. Rispetto ad altri individui, alcune persone hanno rughe più marcate ed è importante distinguere le rughe che si vengono a creare durante ciascuna espressione del viso da quelle che sono già presenti, più o meno visibili, su di esso.

Un’altra caratteristica interessante del sorriso è la sua contagiosità, un motto popolare recita: «Sorridi, e il mondo ti sorriderà»; in qualche modo questo si verifica quando incontriamo un’altra persona la quale ci sorride, d’istinto ci viene spontaneo ricambiare tale gesto con un altro sorriso, più o meno sentito. Non importa se il sorriso che abbiamo di fronte sia finto o meno, un recente studio svedese, condotto all’Università di Uppsala dal professor Ulf Dimberg, ha confermato che in presenza di un sorriso non riusciamo a controllare totalmente i nostri muscoli facciali e diventa, ad esempio, più difficile assumere un’aria imbronciata; questo a causa dei cosiddetti neuroni specchio (neuroni che determinano una reazione immediata di imitazione).
Sorridere spesso è un elemento importante della comunicazione non verbale (ma non sempre potremmo averne voglia) poiché condiziona il modo di comportarsi altrui a nostro vantaggio; quindi se vogliamo davvero vivere più sereni cominciamo a sorridere un po’ di più agli altri… ora abbiamo le prove che aiuta davvero!

 

Tratto dal libro: “101 cose da sapere sul linguaggio segreto del corpo” di Francesco Di Fant, Newton Compton editori, Roma 2012.

 

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